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La Venere come simbolo

 

“Gli stracci rappresentano il passaggio delle persone dentro tutti questi vestiti, questi vestiti ormai degradati. La Venere, venendo dal passato, come simbolo di bellezza e di speranza, ridà vita, rigenera questi stracci”.

 

Michelangelo Pistoletto

 

Attraverso il suo viaggio e il corpo in movimento, la Venere degli stracci indaga, a partire dalla propria stessa migrazione, la sottile relazione fra i confini geografici, mentali, politici e i corpi che attraversano tali confini. E' una voce contemporanea portatrice di memoria che narra le storie di questi luoghi simbolo, condividendo le testimonianze di coloro che hanno vissuto i viaggi, i rifiuti, la privazione della libertà e di chi giorno dopo giorno si impegna in un gesto di accoglienza.

 

Gli stracci appartengono alla nostra era, quella industriale, quella venale, la contemporaneità dei sistemi ritenuti infallibili finché non svelano la loro intrinseca vulnerabilità. Ecco dunque la montagna di stracci trasformarsi in un cumulo di abiti dismessi, che sono stati abitati da corpi in transito, che fuggono, approdano, vivono e muoiono lasciando sulle braccia della bella dea tutto il peso del loro viaggio.

Il sensuale corpo nudo che Pistoletto scelse per la sua opera manifesto è la copia in finto marmo - una Venere da giardino - della Venere neoclassica di Bertel Thorvalsen, che rappresenta Afrodite con in mano il frutto della discordia donatogli da Paride come simbolo della sua insuperabile bellezza.

L’opera di Pistoletto costituisce una provocatoria reinterpretazione dell'originale in veste di “orgogliosa copia” che vuole sfidare le sicurezze dell'arte classica affondando letteralmente le braccia nell'era moderna, l'epoca della riproducibilità tecnica, dove gli stracci e il corpo nudo della statua diventano entrambi riproduzione in serie, compromettendo per sempre l'unicità e il valore assoluto del canone classico.

 

Grazie a questo viaggio, la Venere ha potuto estendere il suo originale significato rivoluzionario a quello simbolico di nuova bandiera sociale: da corpo ideale a corpo sociale, la bella dea vincitrice della mela scende dall'Olimpo dorato per immergersi nella natura transitoria della nostra attualità e conferire dignità ad un cumulo di materia logora.

Attraverso il viaggio essa si costituisce come strumento di riflessione, di sensibilizzazione, messaggera di pace e testimonianza di una realtà di frontiera costruita su confini culturali invalicabili.

Il suo messaggio è quello della rinascita possibile, del buono si accosta al bello e dell'arte che può raggiungere chiunque; regge sulle sue esili braccia il peso enorme di un sistema che non funziona e voltandosi verso di noi sembra esclamare: ”quale bellezza?”

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